A tutte le persone non piace sentire il dolore, e per questo molti hanno paura di provarlo. L'idea stessa dell'inevitabilità del dolore in una forma o nell'altra diventa insopportabile per loro. Vorrebbero vivere la loro vita senza dolore e allegramente, senza nuvole e senza sforzo. Sarebbe bello se tutti i loro desideri si realizzassero da soli, e non ci fosse bisogno di pagare nulla. Ispirati da questi pensieri luminosi, iniziano a cercare un'opportunità per realizzare i loro sogni.
Il simile attrae il suo simile e un sogno viene trascinato nel regno degli altri sogni. Poiché il mondo reale non promette alcuna garanzia di un'esistenza indolore, serve il trasferimento nell'area del mondo ideale o in una fuga dalla realtà realizzata ad esempio con l’uso di droghe, alcol o similari. La ricerca nella sfera dell'ideale porta immediatamente alla lettura di libri spirituali, dai quali il ricercatore apprende rapidamente l'esistenza di uno stato speciale, e quelle personalità esaltate, che credono di avere accesso a questi stati, lo descrivono come una beatitudine duratura e onnicomprensiva. Considerando come fatto indiscutibile (ma che in realtà non lo è) che, dal punto di vista del ricercatore, la beatitudine si oppone al dolore e alla sofferenza, come la Luce si oppone alle tenebre, diventa chiaro perché la beatitudine viene scelta come l'obiettivo a cui ha senso tendere. Allo stesso tempo, ognuno dà la propria definizione dello stato di beatitudine, ma la loro essenza, in un modo o nell'altro, sarà ridotta alla formula di base: "Mi sento bene e niente mi dà fastidio." E vi faccio notare, che il rovescio della medaglia nell’affermazione precedente, nella formulazione della definizione di beatitudine non esiste, cioè non c e un altro lato nella definizione di beatitudine che comprenda qualcosa di diverso dalla pura e semplice assenza di dolore. In pratica è sbagliato definire la beatitudine come assenza del dolore. Cercare la beatitudine non coincide con la ricerca dell’assenza di dolore. Sapendo che qualsiasi dolore - fisico, emotivo o mentale, porterà una persona alla sofferenza, allora il suo desiderio più intimo sarà formulato come desiderio di liberarsi della sofferenza.
Quando la beatitudine è scelta come obiettivo e definita come assenza di dolore, Dio è attaccato a questo concetto semplicemente come un oggetto decorativo, come un modo per impreziosire il concetto e come “dispensatore “di tale stato sotto forma di premio.
La beatitudine diventa una specie di ricompensa per la ricerca, un feticcio divino e un grande incentivo per le persone deboli e senza volontà. Dio dovrebbe dare beatitudine a coloro che Lo amano, questo è il punto centrale del gioco, giusto? E se non vuole premiare con la beatitudine coloro che credono in Lui, allora Dio non ha un comportamento “divino ma cattivo e come nota personale potremmo far coincidere il presupposto ideologico della “bestemmia”.
La beatitudine irreale che alcuni cercatori bramano è semplicemente un'estensione di uno stato di beatitudine che è connesso con il reale, ad esempio lo stato di benessere che sorge dopo il sesso o un bagno caldo. In questo caso, il concetto di tocco Divino e immersione nel Divino è ridotto a stati del tutto tangibili e per questo è facilmente compreso dalle menti ordinarie. Ecco perché diventa popolare e attraente.
Il desiderio di beatitudine è un altro prodotto chimerico dell'ego, che prima di questo dà origine alla sofferenza. Il dolore è solo una sensazione spiacevole, che, come qualsiasi altra sensazione, può essere più o meno intensa. La sofferenza sorge quando a questa sensazione si unisce il desiderio di non provare dolore, la paura per la propria vita e l'autocommiserazione. L'ego si rafforza nella sofferenza, ma non si dissolve affatto nella beatitudine.
Senza un lavoro mirato con le tue paure e desideri, la speranza di trovare la beatitudine è illusoria e utopica, come la speranza di un bambino di incontrare Babbo Natale, che realizza tutti i sogni.
Per affrontare finalmente questo argomento, mi sono rivolto a un mio conoscente, un famoso saggio, con la domanda: "Cosa ne pensi della ricerca della beatitudine?" Lui ha detto: “Persone, persone! Sapete che l'ombra della sofferenza è beatitudine, e ogni beatitudine porta in sé i germi della sofferenza futura? Comprendete che scegliendo il piacere, la gioia e la beatitudine, state intraprendendo un percorso, che porta al dolore e alla sofferenza? Non è meglio, quindi, fare una scelta consapevole a favore della sofferenza fin dall'inizio? Non è meglio prima, disdegnando l'autocommiserazione, sprofondare nella paura del dolore per superarlo e smettere di dipendere da essa? Non è più saggio, partendo dalla sofferenza cosciente, passare alla beatitudine e alla liberazione dalla paura, dai desideri e dalla sofferenza? E se non c'è la sofferenza, allora cosa può essere considerata la beatitudine?"