Solo la paura può essere più spiacevole della tristezza. La tristezza porta via il nostro gusto per la vita, ci fa sentire persi, senza gioia e senza senso della nostra esistenza. Ognuno di noi ha familiarità con lei in prima persona, solo che a qualcuno lei appare sotto forma di lieve tristezza e a qualcuno invece sotto forma di depressione clinica.

Quando si tratta di tristezza, è necessario afferrare con fermezza una semplice verità: la tristezza, come la rabbia e l'ansia, non esistono di per sé. Non hanno una loro fonte autosufficiente, perché è sempre il risultato di un desiderio insoddisfatto. La tristezza è figlia del desiderio. Più desideri sopprimiamo, più diventiamo tristi.

Il meccanismo dell'emergere della tristezza è simile a questo: in primo luogo, appare un desiderio, e non importa quale, ma per qualche motivo non possiamo soddisfarlo, e quindi avremo la rabbia, e se la rabbia non ha aiutata all realizzazione del desiderio, la tristezza viene al suo posto. Più forte è il nostro desiderio, più forte è la tristezza che proviamo. Nel caso in cui abbiamo un desiderio molto forte che da tanto tempo non riusciamo a realizzare, la rabbia e la tristezza possono essere presenti insieme nel nostro spettro emotivo, certo se non si svilupperà la depressione. Diciamo che una leggera tristezza all'inizio dell'autunno può anche portare un po' di piacere, ma la depressione nella sua manifestazione clinica è una sofferenza senza fine che paralizza una persona e la porta a pensare che sia già finito all'inferno.

Segni di tristezza soppressa a livello del corpo si manifestano nei muscoli facciali, di regola, questi sono gli angoli della bocca abbassati, il viso stesso è leggermente allungato, con un tocco di stanchezza. Inoltre, in queste persone spesso si sviluppa una lieve gobba e loro tendono a sospirare regolarmente e pesantemente. I sospiri sono un compagno indispensabile della tristezza repressa.

Controllando le proprie emozioni, una persona inizia a respirare in modo più superficiale per privarla di energia. Nel caso della tristezza, questo processo è enfatizzato dalla comparsa di una sensazione di pesantezza al petto. Più acuta è la situazione, più si avverte la pesantezza. Se la situazione di sconforto è cronica, una certa pressione al petto diventa abituale e di solito non viene notata dalla persona stessa; solo sospiri regolari indicano che c'è pressione. La voce di una persona triste è lenta e tranquilla, in qualsiasi momento le lacrime possono venire agli occhi. Il pianto è un altro segno di un eccesso di tristezza repressa.

Cosa possiamo fare in uno stato di tristezza cronica? Come al solito, per prima cosa devi ammettere a te stesso che sei triste. Non cercare di sminuire, non cercare di persuaderti, dicendo che non c'è nulla di cui essere turbato e dispiaciuto, ecc.  Tutti questi metodi di soppressione contribuiscono all’accumulo di tensione e distruggono il nostro corpo. Accetta completamente il tuo dispiacere e il tuo dolore, se vuoi piangere - piangi, vuoi piagnucolare, lamentarti e ululare - permettiti tutto questo.

Conoscevo un uomo che era cronicamente depresso da quattro anni. Alla fine, ha sviluppato un dolore toracico persistente che non rispondeva alla fisioterapia, ma non era correlato al cuore o ai polmoni. Quando si è avvicinato a me, ho chiesto, tra le altre cose, se esprime le sue emozioni negative. Mi ha detto che le sue convinzioni religiose non gli permettevano di farlo, perché Dio ci ha creati per amore, non per la sofferenza. A poco a poco, l'ho convinto che le emozioni negative richiedono espressione e gli ho chiesto di piangere a casa come esercizio. Il giorno dopo, mi ha chiamato e cominciato a dirmi emozionato che piangeva da più di un'ora, dopodiché ha voluto gridare e, avendo gridato, per la prima volta nell'ultimo anno, ha sentito leggerezza nel petto. Iniziando a esprimere la sua tristezza, l’uomo si riprese rapidamente. 

Esprimere le emozioni è un prerequisito per mantenere la salute e osservare le cause del loro verificarsi. Tuttavia, nel caso della tristezza (come, in effetti, con la rabbia), l'espressione delle emozioni sotto forma di regolare pianto può diventare uno stereotipo psico-emotivo improduttivo. Cioè, una persona cade in uno schema: quando piange, è sopraffatto dall'autocommiserazione, rimanendo in essa dopo poco tempo è in grado di piangere di nuovo. L'autocommiserazione è alimentata da un eccesso di tristezza e contribuisce anche alla sua maggiore accumulazione. 

 

Mentre esprimiamo tristezza, dobbiamo rimanere consapevoli, essere testimoni. Essendo totali nel nostro pianto, non dobbiamo perdere la consapevolezza; così si esprimono le emozioni e allo stesso tempo si ha l'esperienza della disidentificazione - dopotutto, chi guarda non piange. Osservando, vedremo inevitabilmente la causa della nostra tristezza, che sarà un altro desiderio insoddisfatto… Dobbiamo capire chiaramente per noi stessi che quando arriva un'improvvisa tristezza e ci sentiamo stravolti per qualcosa senza una ragione apparente - c'è sempre una ragione, anche se non ne siamo consapevoli. Imparare a vedere la causa della propria tristezza è necessario per tutti coloro che vogliono capire sé stessi. Conosciamo sempre la fonte della nostra tristezza; ma non sempre vogliamo accettarlo. Dal momento che ci piace negare molti nostri desideri e fingere che non ci siano, ci può sembrare che le ondate di depressione che periodicamente ci investono, provengano dal nulla. Negare i desideri non li cancella e né meno loro conseguenze sotto forma di irritazione e malinconia. In un modo o nell'altro, per sbarazzarti della tristezza, dovrai lavorare a fondo con i tuoi desideri.